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Il Mestiere delle Armi

di Ermanno Olmi

Rigorosissimo da un punto di vista formale, preciso nella ricostruzione storica, l’ultimo film di Olmi racconta il ‘500, attraverso uno dei personaggi più controversi: Giovanni dalle Bande Nere, condottiero spregiudicato, violento e devotissimo al Pontefice. Un’epopea del Sacrificio, che non sbanda mai nella retorica, ma che restituisce alla memoria il valore di uomini dimenticati, eppure fondamentali pedine nel corso della Storia.

Olmi si avventura ancora nella Storia italiana, andando a toccare l’evento che più segnò il XVI secolo, il Sacco di Roma avvenuto nel 1527 per opera dei Lanzichenecchi, dei quali si mostra la faticosa discesa in Italia.

A contrastarli è il comandante dell’armata pontificia, Giovanni Dalle Bande Nere, condottiero valoroso, che, seppur alla testa di pochi e malpagati uomini, riuscirà a dar filo da torcere ai mercenari tedeschi.

Olmi ha voluto raccontare una storia di fede e di coraggio, concentrandosi su un’età di transizione, dove tutto stava cambiando, dagli assetti politico-religiosi (con il Papa sempre più in difficoltà per l’insorgere del luteranesimo), agli armamenti militari. Il mestiere delle armi rende bene l’idea di una politica italiana confusa e carica di intrighi e sospetti: tutti tradiscono tutti, per poi ritornare, meschinamente, sui propri passi – è il caso del Duca d’Este, che vende ai mercenari tedeschi i cannoni rifiutati al Papa, per poi rimediare, giurando fedeltà al pontefice stesso. E al tradimento politico, corrisponde quello militare, con il ferimento di Giovanni, per la palla traditrice di un cannone, nascosto con l’inganno.

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